sabato 18 luglio 2015
La mia festa del raccolto
lunedì 13 luglio 2015
Castel Beseno
Ecco che si ritorna ad argomenti un po' più leggeri! Spero comunque che abbiate letto questo post e abbiate seguito il mio suggerimento. È una cosa a cui tengo molto. Mi raccomando!
Dunque, come vi ho già accennato qui, credo profondamente nel fare post su posti in cui sono stata. Sono convinta che il post venga molto meglio, riportando la propria esperienza personale.
Quindi, eccoci qua!
Oggi, come da titolo, si parlerà di Castel Beseno, che io e la mia socia (Jessica, che si occupa di questi argomenti) abbiamo visitato con i nostri amici.
Per chi non lo sa, il castello si trova in Trentino, a circa 20 minuti di macchina da Trento. Il castello è molto grande, uno dei più grandi che io abbia mai visto. In effetti, è il più grande complesso medievale di tutto il Trentino, con i suoi 16mila metri quadri. A vederlo fa davvero impressione, la sua struttura è davvero imponente. Personalmente, non faccio fatica a credere che abbia resistito a un assedio di sette anni, per quanto leggendario!
Ma andiamo con ordine.
Va da sé che vi consiglio caldamente di visitarlo, magari in un periodo dell'anno un po' più consono rispetto al mese di luglio. Qui il sito, con gli orari. Si fa fatica a crederlo, considerando che la zona è in mezzo ai monti, ma fidatevi quando vi dico che fa parecchio caldo. Certo, per me e i miei amici era anche relativamente sopportabile, visto che in pianura si scoppiava, tuttavia, se potete, andateci a primavera o in autunno.
Questo castello è molto interessante da visitare. È un museo tutto particolare, non ha l'arredamento tipico del castello medievale, ma ospita una collezione di armi e armature. Certo, se siete in cerca di una collezione più corposa, allora vi conviene andare a Castel Cini, also known as castello di Monselice. Tuttavia, sono sicura che questa collezione in particolare potrebbe piacere agli appassionati, visto che viene data la possibilità di provare le armature e un po' di armi!
Jessica e io abbiamo provato anche le balestre! E ce la siamo cavata benone, c'è da dirlo!
Ma è meglio tornare all'argomento che ci interessa di più: la leggenda di Castel Beseno!
Contrariamente al solito, questa leggenda non parla di fantasmi, ma di una strategia talmente astuta da avere dell'incredibile.
Dunque, anni e anni or sono, Castel Beseno subì un pesante attacco. Rimase, come vi ho già detto, sotto assedio per ben sette anni! Tutti i sudditi, per scampare ai saccheggi, si erano rifugiati all'interno delle cinte murarie del castello. Per quanto grande sia la struttura, c'è da dire che non doveva essere una situazione molto simpatica.
Dopo sette lunghi anni passati a difendersi dagli assalti dei nemici, gli abitanti di Castel Beseno erano allo stremo delle forze. Il re era disperato. Le bocche da sfamare erano tante, le scorte di cibo stavano finendo, restavano solo una mucca e un sacco di grano, decisamente insufficienti a sfamare la moltitudine di gente dentro al castello. Il sovrano aveva chiesto a tutti i saggi una soluzione che togliesse tutti da quell'impiccio senza dichiarare la sconfitta. Nessuno aveva saputo dargli una soluzione soddisfacente.
Un bel giorno, il castellano fece una passeggiata nel cortile del maniero. E, in un angolo, intravide una vecchietta che sonnecchiava. Lì per lì non la riconobbe neppure. Poi si rese conto che la vecchietta altri non era che una mercante conosciuta in passato per la sua proverbiale astuzia. Pensò quindi che, forse, un altro punto di vista sulla questione non gli avrebbe fatto male. Così le si avvicinò, chiedendole consiglio. Come potevano uscire da quel disastro? Ovviamente, la mercante sarebbe stata ricompensata!
La vecchia lo guardò, infastidita dal fatto che quell'omuncolo l'avesse disturbata. Poi sbottò “Dai da mangiare il grano alla mucca. Una volta fatto questo, macellala e butta la carcassa giù dalle mura.”
Il castellano si infuriò non poco. Che razza di consiglio era mai quello?
Gli ci volle un po' per sbollire la sua ira. Poi cominciò a riflettere. Dopotutto, cosa aveva da perdere? Quella mucca non era comunque sufficiente a sfamare tutti quanti, avrebbe causato in ogni caso dei seri problemi tra gli abitanti del castello. E se l'avessero macellata e gettata dalle mura forse... forse...
Poche ore dopo, gli avversari di Castel Beseno videro gli assediati gettare qualcosa dalle mura. Si avvicinarono cautamente, temendo una trappola. Quando videro la mucca morta, rimasero basiti. Ma che stava passando per la testa di quelli del castello? Buttare via così una mucca? Che fosse avvelenata? Ma perché sprecare della carne di mucca in questo modo? Cosa speravano di ottenere?
A quel punto, dovevano capire cosa stava succedendo. Così si avvicinarono alla carcassa e la aprirono. Dentro alla pancia della mucca trovarono del grano, che, a quanto sembrava, era commestibilissimo! Il loro unico pensiero, a quella visione, fu chiaro e lampante: se a Castel Beseno potevano permettersi di gettare così una mucca e dell'ottimo grano dopo sette anni di assedio, allora erano in grado di resistere ancora per parecchio! Era veramente il caso di levare le tende e lasciar perdere quell'assedio che, dopo tutti quegli anni, li stava sfibrando inutilmente.
Nel giro di poche ore, Castel Beseno fu libera dalla minaccia dell'assedio.
E la vecchietta? Nessuno la trovò più!
giovedì 9 luglio 2015
Riflessione su quanto è accaduto
Questo post sarà molto diverso dagli altri. Lo sarà davvero. Non è per introdurre un nuovo argomento e sperare di trovare qualcuno abbastanza interessato da leggerlo.
È una faccenda molto seria.
Può darsi che ci saranno errori di battitura. Ed è molto probabile che scriverò cose molto personali. Se preferite non leggerlo, tranquilli, non ve ne farò una colpa. Vi informo già, come avrete già intuito, che è un post scritto di getto, senza rifletterci troppo.
Non so chi siate e da dove veniate. Se siete veneti, probabilmente sapete cos'è successo.
In caso siate da fuori del Veneto, è altamente probabile che, grazie al silenzio delle tv nazionali, in realtà siate completamente ignari della cosa.
Ieri, nel tardo pomeriggio, una tromba d'aria di grado F2 ha colpito una parte della Riviera del Brenta. Una zona piuttosto vicina a casa mia e dei miei cari. Il danno è stato enorme. Una villa veneta è stata completamente rasa al suolo. Altre ville hanno subito danni non da poco, alcune sono state addirittura scoperchiate come scatole da scarpe. Per non parlare dei danni a case meno antiche delle famosissime ville venete. Condomini, negozi, macchine... Il bilancio è stato di due morti e almeno una ventina di feriti.
Perché scrivere questo? Beh, per sfogarmi, principalmente. Negli ultimi mesi ho riscoperto, dopo anni, la mia passione per gli antichi edifici. Sempre avuta, per carità, ma negli ultimi tempi, particolarmente da quando ho aperto questo blog, è diventata più definita. Ormai guardo un antico edificio e tutto quello che riesco a chiedermi è “chissà qual è la storia di questo posto? Chissà chi ci viveva? Se questo edificio potesse parlare, cosa mi racconterebbe?”. Ci sono dei momenti in cui addirittura vorrei conoscere chi ha costruito l'edificio, o anche chi l'ha fatto costruire, sapere la loro storia, perché hanno fatto quello che hanno fatto, come se fosse ancora possibile, come se potessi chiamarli e invitarli a bere un caffè... aggiungiamo poi la curiosità che mi viene quando mi chiedo di tutti i misteri che possono nascondersi dietro a certe mura maestose, e capirete, almeno in parte, chi c'è dietro allo schermo del vostro pc, mentre leggete i post di questo piccolo blog. Più vado avanti a osservare e a scrivere, più mi accorgo di quanto ami davvero queste cose.
Potete quindi capire la mia amarezza, nel vedere una zona a cui sono molto affezionata (ci ho lavorato, per un breve periodo, come ho scritto in uno dei miei primi post) così devastata. E sapere che una catastrofe simile è stata trattata come una sciocchezza dalle tv nazionali. Credo che addirittura l'abbiano definito un “rinfrescante temporale estivo”. Spero di no, ma non posso esserne sicura, è da tanto che non seguo un telegiornale.
Non è stata una sciocchezza, no. È un'area che, negli ultimi anni, era stata lasciata un po' a sé stessa. Per quanto tutelata dallo Stato, non era più una zona di spicco da visitare, come lo era una volta. Come tante aree di interesse storico-culturale in Italia, del resto.
La mia amarezza nasce proprio da questo. L'area è abbandonata a sé stessa. E dubito molto che verrà ricordata da chi di dovere. Sia chiaro, non mi sentirete dire “governo ladro, Roma ladrona, Veneto indipendente”. Trovo che queste frasi siano assurde, senza senso in condizioni normali, assolutamente fuori luogo in un contesto simile.
Ma è innegabile che ormai, in questa nostra Italia così maltrattata, la nostra storia sia sempre meno importante.
Ed ecco il motivo per cui ho scritto questo post. Spero di sensibilizzare un po' le persone, su questo argomento. E magari di diffondere la notizia anch'io, nel mio piccolo.
Avrete notato che questo post non ha foto. Anche se ne ho, scattate da me personalmente, non intendo pubblicarle. Mi sembra di avere già ceduto abbastanza al mio lato iena quando oggi, in un impeto di curiosità morbosa, sono andata a vedere. Ero curiosa di sapere come era preso l'hotel in cui lavoravo. La scena è stata più che sufficiente a farmi desiderare di non averlo fatto. Vi basti pensare che non l'ho neanche riconosciuto. Fortunatamente, clienti e proprietari erano incolumi.
Se volete vedere immagini, cercate su Facebook o su Google, ne troverete a iosa.
Quindi, eccomi qua. A concludere questo post con la richiesta di un piccolo favore personale: condividete questo post il più possibile.
Buona serata a tutti.
lunedì 6 luglio 2015
Ocio aea striga - Stregoneria in Veneto
venerdì 3 luglio 2015
Il licantropo
Sui licantropi se ne sono dette di ogni. Così come sui vampiri. Quindi, questo post e il prossimo che farò sulle creature mitologiche serviranno a rimettere un pochino in ordine le idee.
Dicevamo, il licantropo. Il termine viene dal greco, e significa “uomo lupo”. Ma, sebbene anche in Grecia si parlasse di licantropi, in realtà il mito è molto più antico. Basti pensare alla mitologia nordica. L’esempio più famoso di licantropo dell’antichità è Fenrir, figlio malvagio di Loki (non che Loki fosse uno stinco di santo!).
Le origini della licantropia (intesa come trasformazione in lupo e non malattia mentale) si perdono nelle nebbie del passato, quando l’uomo aveva cominciato ad allevare gli animali, invece di cacciarli. E chi ne pagò le conseguenze? Il lupo, visto come una minaccia dagli abitanti dei villaggi per i loro greggi. Non so come sia nata effettivamente l’idea di un uomo che si trasforma in lupo, a dirla tutta, ma è comprensibile il perché di quell’animale specifico e non di altri.
Si parla spesso di uomo lupo e licantropo come se fossero un’unica creatura. In realtà questi due termini, con il tempo, hanno finito col significare cose leggermente differenti.
L’uomo lupo è un uomo che prende parecchie caratteristiche da lupo, ma ha una forma più umana che lupesca. Non è un caso che, effettivamente, l’uomo lupo arrivi ad assomigliare ad un uomo con l’ipertricosi (crescita di folta peluria in zone dove solitamente non ce n’è, per esempio intorno agli occhi e sulla fronte)
Solitamente, invece, il licantropo ha la forma più tipica del lupo, anche se è molto più grosso e deforme.
Del lupo mannaro si dicono molte cose. Si sa, per esempio, che la trasformazione avviene nelle notti di luna piena. Ma è davvero così?
In realtà, non c’è nessun testo che faccia riferimento specificamente alla trasformazione di un uomo in lupo durante la luna piena. Non prima del Milleottocento, almeno, quando cominciarono a fiorire storie di tipo horror-gotico i cui contenuti si rifacevano ad antichi riti nordici in cui la luna piena aveva (e ha tuttora) un’importanza fondamentale. Si è cominciato a prendere per vero questo fatto dopo il film “L’uomo lupo” del 1941. Ho visto questo film quando ero piccola, non avrò avuto più di cinque anni. Mi ha fatto venire il latte alle ginocchia, al punto tale che per anni ho avuto il terrore dei lupi mannari, pur sapendo che, in realtà, non esistono! Per vent’anni mi sono rifiutata di rivederlo, fino a quando non ho preso il coraggio a quattro mani e me lo sono riguardato. Non è niente male, a dirla tutta! Capisco pienamente perché è una pietra miliare del cinema horror! Nonostante gli effetti speciali scarsi, rende bene l’ansia e la paura di Larry Talbot e dei suoi compaesani!
Tornando a noi, sapevate che, in realtà, la storia dell’argento che uccide i licantropi è una balla stratosferica? È stato proprio il film sopracitato a diffondere questa credenza, anche se, in realtà, non c’è nessuna fonte antica che citi l’argento come sistema di uccisione di un licantropo. Definiamola una sorta di inquinamento della tradizione. Infatti l’argento uccide i vampiri, spesso legati ai licantropi in quanto amici degli animali notturni. Per i licantropi si sono sempre usati altri sistemi, come l’impiccagione o il fuoco. In alcuni casi, il lupo mannaro veniva decapitato per evitare che si trasformasse in vampiro. In altri, invece, bastava ferirlo e fare uscire una quantità di sangue malato sufficiente a far passare la maledizione.
Anche la storia del contagio tramite morso è completamente campata per aria. L’unico sistema valido per diventare un licantropo è la magia nera, tramite maledizione imposta da esterni o patto col diavolo. Si può leggere un esempio al riguardo in un racconto di Alexandre Dumas figlio, “Il signore dei lupi”. Non male come racconto, se devo dirla tutta. Pone in evidenza tutte le conseguenze di un patto col diavolo e del desiderare cose che, forse, non sono poi così in sintonia con noi e la nostra natura (in realtà, nel libro si parla di volontà divina, ma credo che, a conti fatti, parlare della volontà divina e parlare della nostra natura più profonda sia la stessa cosa). Inoltre, “il signore dei lupi” mette inquietudine, senza essere eccessivamente pauroso. E cattura. Santo cielo, se cattura! Magari a qualcuno piacciono gli horror più forti, dello stile di Stephen King (eccomi!), o Richard Matheson, o Shirley Jackson, ma state pur sicuri che, leggendo “Il signore dei lupi”, rimarrete incollati alle pagine e vorrete assolutamente sapere che fine fa Thibault. Lo odierete con tutta l’anima. Lo insulterete. E poi, quando realizzerà cosa ha combinato, proverete pena per lui. E così via fino al finale.
Chiusa la parentesi letteraria.
Da quello che ho potuto vedere, non ci sono sistemi per difendersi da un licantropo. Se ve lo trovate davanti durante una notte di luna piena (alla fine, diamo per buona la storia della luna piena, per complicarci meno la vita), dovete, in pratica, pregare che non vi veda. Se vi vede, scappate. Anche se non vi servirà. Certo che, anche voi, che cavolo ci fate in giro di notte, con la luna piena alta nel cielo? Ditelo, che ve la andate a cercare!
Comunque, non preoccupatevi, non siete totalmente, completamente e innegabilmente senza speranza. Se quello che avete davanti è un lupo mannaro siciliano, avete un sistema infallibile per salvarvi la vita: le scale. A quanto pare, il lupo mannaro siciliano non è in grado di salire le scale. Il che mi fa abbastanza ridere, a essere sincera! Questo non salverà la persona sotto la bestia dalla sua maledizione, né la ucciderà, ma almeno voi avrete salvato la pelle! Certo, dovete avere la fortuna che il lupo mannaro sia siciliano e che non sia in grado di usare gli ascensori, il che riduce la speranza di salvarvi a un filo, ma se non altro è già qualcosa!
Oppure, entrate in una chiesa. Nessun testo dice che il lupo mannaro non può entrare in chiesa, ma, se si tratta di una trasformazione dovuta a un patto col diavolo, mi sembra la soluzione più logica.
Cercate solo di non fare come Hagrid (per i babbani: leggete “Harry Potter e la camera dei segreti” per capire la citazione): allevare cuccioli di licantropo sotto il letto non è esattamente un’idea brillante!