lunedì 5 ottobre 2015

L'Arcano Senza Nome

Ben ritrovati in questo mese favoloso che è Ottobre!!

Neanche si capisce che a breve compirò gli anni... questo per me è uno dei mesi più magici dell'anno.
Ma oggi non sono qui per descrivervi la festa del Capodanno Celtico, né per decantare tutte le bellezze dell'autunno.
Vorrei invece soffermarmi su un altro argomento che mi affascina praticamente da sempre, e cioè i Tarocchi (e più in generale, la divinazione). Nello specifico, vorrei parlarvi del significato dell'Arcano senza Nome, il tredicesimo degli Arcani Maggiori.
Nonostante ci siano molte leggende circa l'origine dei Tarocchi come carte da gioco e metodo di divinazione, quello che è indubbiamente certo è che a livello simbolico contengono una miriade di informazioni usufruibili da chiunque abbia il piacere e il coraggio di leggere. Mi piace pensare ai Tarocchi come a una sorta di alfabeto illustrato, un linguaggio antico che ci mette in contatto con il nostro sentire più profondo...



Quando la carta della Morte esce in una lettura, ci mette in contatto con il nostro passato... e lo stesso fa (o dovrebbe fare) la festa di Samhain.
In alcuni mazzi la Morte viene segnata col numero romano XIII, un numero che sta al di là del tempo... 12 sono i mesi, 12 sono le lune dell'anno... La tredicesima luna, che in genere viene nominata Luna Blu, è la luna dello straordinario che agisce nella nostra vita, è la luna delle seconde possibilità, dei desideri che si avverano. Durante la festa di Samhain, il velo tra la nostra realtà e il mondo degli spiriti si assottiglia, dandoci la possibilità straordinaria di entrare in contatto con i nostri cari defunti, di onorare gli antenati, ma anche di lasciar andare ciò che non ci serve più. E' il tempo di finire e iniziare, in cui la ruota si ferma e riparte...
La carta della Morte viene anche definita nei Tarocchi di Marsiglia "L'Arcano Senza Nome", che non fa altro che rendere ancora più significativa la sua posizione "al di fuori del tempo".
La Morte è senza nome perché cancella, pulisce, libera... è una forza potente che può portare dolore ma anche offrire una via di fuga a una situazione oppressiva, distruttiva.

Il suo messaggio è: "Io porto il cambiamento, la cancellazione del passato... perché tu che ascolti possa essere di nuovo senza nome"

Chi è senza nome può essere libero di diventare qualsiasi cosa voglia.
La Morte è quindi l'arcano del cambiamento profondo, della discesa negli inferi... si scende nelle profondità di sé stessi per risolvere l'incompiuto, portare a termine le questioni irrisolte dentro di noi.
L'Arcano ci invita alla riflessione, al silenzio, a dare un colpo di falce a tutto ciò che ci sta trattenendo nella morte dell'anima.
Solo affrontando il passato, i lutti, gli addii, si può andare avanti. Solo creando il vuoto dentro di noi potremo sapere come riempirlo...
Eppure la nostra società ci ha insegnato a temere gli spiriti dei defunti e a scacciarli, piuttosto che cercare di dare loro pace, di riservare loro un posto nel cuore... ma ancora più del cuore, nel sacro.
Molte religioni politeiste e sciamaniche danno un posto di rilievo al culto dei morti, e questo perché? Perché sono le nostre radici che ci sostengono: geneticamente, culturalmente e spiritualmente parlando.



Scegliendo di respingere il contatto con la morte, con i defunti, con le nostre parti più vulnerabili, scegliamo di abbandonare anche ciò che ci tiene in contatto con la nostra identità profonda, e l'unico mezzo per costruire con coscienza il nostro futuro... non è un caso che molto spesso al giorno d'oggi si senta parlare di costellazioni familiari e psicogenealogia (avvertimento per i più scettici, questa è una sezione molto affascinante della psicologia e studiata scientificamente).
La società ci ha insegnato che la morte si può sconfiggere, che la vita è da preservare a qualsiasi costo... eppure la morte preserva la vita. La verità è che possiamo condannare e combattere solo le morti ingiuste e ciò che del passato ingiustamente lasciamo dietro di noi, calpestandolo.
La Morte infatti parla di lasciar andare soltanto ciò che non ci serve più... l'essenziale invece, ciò che ci è veramente utile, sarà sempre con noi. In questo senso la Morte è un Arcano a mio parere molto meno pericoloso della Torre... poiché indica un distacco o una separazione necessari allo sviluppo della persona.

Durante questo mese invito tutti i lettori quindi, me compresa, ad entrare in contatto con la loro personale morte... che sia un lutto non superato, un atteggiamento doloroso che può essere abbandonato, un lavoro che vi tiene bloccati... riflettiamo su ciò che vogliamo abbandonare, ma anche su ciò che ci tiene saldi...


Le nostre radici ci aspettano!

giovedì 1 ottobre 2015

Il Metodo Ho'oponopono

Questa volta sconfino nel territorio di Jessica, per parlarvi di una pratica che mi sono ritrovata tra le mani. Vorrei mettervi al corrente di un percorso che voglio intraprendere.

Dovete sapere che, negli ultimi anni, ho passato dei momenti parecchio bui.

Avete presente quei momenti in cui, anche se all’apparenza avete tutto, e non dovreste assolutamente lamentarvi di nulla, comunque non vi sentite felici? Eccomi lì, la mia copia sputata.

Non posso dire di aver risolto le cose, anzi. Ne sono molto distante.

Ma facciamo un ulteriore passo indietro.

Anni fa ho passato un periodo, durato parecchi mesi (anzi, diciamo pure tre o quattro anni), in cui credevo alla Legge dell’Attrazione. Ho letto “The Secret”, visto il film, letto ogni sorta di libri in cui si parlasse di quella legge. Inizialmente funzionava. E non sto scherzando.

Due episodi mi sono rimasti impressi. Lavoravo in un hotel in mezzo ai monti, all’epoca. Il personale mangiava nella sala ristorante insieme ai clienti, ma, in pratica, mangiavamo quello che veniva avanzato dal giorno prima. E niente dolci. Ricordo che quel giorno avevo pensato che, invece, ne avrei tanto voluta una fetta. Ero comunque disposta ad andare al supermercato a comprarmene una, sia chiaro! E invece…

Ho fatto due chiacchiere con uno dei camerieri, senza accennargli al fatto che mi sarebbe piaciuto avere un po’ di dolce. A parte che non sono mai stata particolarmente solerte nel far presente alle persone cosa voglio io, le regole erano regole. Per quanto stupide, male non mi facevano, potevo quindi seguirle senza farmi troppi problemi.

Beh, dopo pranzo, il cameriere è salito nell’area riservata al personale e mi ha portato una fetta di strudel, uno dei miei dolci preferiti. A dirla tutta, anche se questa cosa mi ha colpito, ammetto di averla archiviata come coincidenza.

Un altro fatto è avvenuto pochi giorni dopo. Era un momento, a lavoro, in cui non avevo molto da fare, così ho provato a mettere alla prova questo “segreto” che avrebbe dovuto cambiarmi la vita. Ho disegnato un braccialetto d’argento con delle stelle fatte dello stesso materiale. Mi sentivo un po’ stupida a fare così, tuttavia, mentre lo disegnavo, pensavo “beh? Perché no?”

Quel pomeriggio stesso, decisi di andare a fare una passeggiata. Più di tutto, volevo vedere l’altro hotel in cui lavoravano i miei titolari. Non l’avevo mai visto, così presi coraggio e mi avviai. Se ci andate ora, la zona è in desolazione completa. Per quanto ancora frequentata, visto che il posto si trova sulle piste da sci, è stata proprio abbandonata. Ma all’epoca, la crisi economica era appena iniziata e quell’hotel, come scoprii quel giorno, ospitava un piccolo centro commerciale con sala giochi, negozio di souvenir, centro benessere, edicola e una piccola gioielleria. Sono stata molto sorpresa soprattutto di trovare una gioielleria proprio lì. Tenete anche conto del fatto che non avevo la macchina con me, per tutta una serie di circostanze, e mi trovavo in alta montagna, con poche possibilità di scendere a valle. Già questa era una coincidenza alquanto strana. Ma andiamo avanti. L’anziano proprietario era un signore molto simpatico. Il negozio era piuttosto piccolo, e dopo le solite due chiacchiere, diedi un’occhiata alle vetrine. Ci credete che ho trovato il bracciale che avevo disegnato? Non l'ho comprato, comunque. Non avevo soldi con me e ho pensato che, tutto sommato, potevo anche lasciar stare. Il giorno dopo avevo cambiato idea, ma quando mi sono presentata lì il bracciale era già stato venduto.

Capite cosa voglio dire? In pratica, quello che vogliamo lo otteniamo, se lo vogliamo veramente. E certe cose le ottieni in una maniera che ha del miracoloso. Ma non pensate che viva la mia vita così. Anzi, praticamente qui si fermano i miei “miracoli”. Dopo questi, non me ne sono capitati di così eclatanti.

Certo, la mia filosofia di vita è sempre quella, cioè, quello che vuoi lo ottieni. Ma non è sempre facile, anzi, tutt’altro! Nonostante questo, mi rifiutavo di pensare di essere condannata all’infelicità e al nulla cosmico.

Sono passati gli anni. Ho accumulato libri su libri, sull’argomento. La mia convinzione che la legge ci fosse era granitica, e lo è tutt’ora. Tuttavia, nulla lasciava intendere che funzionasse.

Con gli anni mi sono convinta che, realtà, “The Secret” fosse una gran belinata. Alla fine ho rivenduto metà dei libri, “The Secret” compreso, perché non li ritenevo abbastanza validi. Ogni tanto mi piace rivedermi il film, nonostante tutto mi mette ottimismo addosso. Ma sapevo che non era sufficiente. Anche perché non posso accettare l’idea di trattare l’Universo, o Dio, o comunque vogliate chiamarlo, come un immenso Amazon a cui fare ordinazioni ed eventualmente protestare quando non ottieni ciò che vuoi. Sarò esagerata, ma lo trovo addirittura poco etico. Insomma, alla fine non è giusto comportarci da bimbetti viziati.

I segnali comunque c’erano. Sono uscita dal mio guscio di depressione e sono andata a cercare un lavoro in ambito turistico. L’ho trovato nel giro di pochissimo. Ogni volta che avevo bisogno di lavorare, trovavo. Quindi, sicuro come la morte che qualcosa che ci aiuta c’è.

Ma, altro smacco. Sì, ho trovato lavoro. Poi ho dovuto cambiare settore, ma comunque sono in un’azienda da un anno. Non è una cosa da poco. Tuttavia la mia depressione non mi ha lasciato. Ho notato che continuavo a leggere ossessivamente i pochi libri sulla legge dell’attrazione che mi erano rimasti. Lo facevo, lo faccio, solo quando mi sento particolarmente sola e senza speranze. Che cosa stava succedendo?

Inizialmente è stata dura. Vivevo in bilico tra la razionalità e il bisogno viscerale di credere alla “magia”. Non fraintendetemi, non mi sentirete mai urlare “Stupeficium” con una bacchetta in mano. Né mi vedrete fare rituali d’amore o anti-malocchio. Ma prima di questi anni così difficili, per me la vita era completamente differente. Quello che volevo ero più disposta a ottenerlo. E anche se avevo comunque i miei problemi come tutti, non mi pesavano poi tanto. Vivevo in un’atmosfera che sembrava magica. Per me era quella, la magia della vita. La felicità.

Razionalmente parlando, sono stata presa da quella che, banalmente, viene chiamata paura di crescere. Avevo passato degli eventi che mi avevano spaventata non poco. La mia vita ha subìto una gravissima battuta d’arresto.

Ora, non si può dire che sia tutta rose e fiori, attualmente. Ma va meglio. Ho preso alcune decisioni che, almeno per me, sono state enormi. Ho finalmente deciso di seguire i miei sogni, quelli che mi portavo dietro da quando ero piccola, non quelli inculcatimi da altri. Ho deciso di cominciare danza orientale, dopo dodici anni passati a rimandare. Sto provando a dare un seguito al mio desiderio di scrivere (da qui è nato questo blog).

Ma non bastava. Così ho cominciato una piccola psicoterapia, per affrontare i miei problemi una volta per tutte.

E tuttavia, qualcosa continuava a non quadrare. Come mai non mi sentivo ancora come volevo io?

Mentre acquisivo sicurezza in me stessa in certi ambiti, altri sembravano crollare sotto i miei piedi.

Sia chiaro a tutti, non è affatto una critica alla psicoterapia. Anzi, mi sta dando un aiuto estremamente prezioso e intendo continuarla finché sarà necessario. Ma volevo qualcosa di più. Finalmente mi sono ritrovata una risposta tra le mani. Uno dei libri che ho tenuto è “Expect Miracles”, di Joe Vitale.

Joe Vitale è l'unico autore di filosofie New Age per cui ho mantenuto una discreta stima (non totale, ci sono comunque cose su di lui che mi lasciano perplessa). Ho dato via solo un suo libro, “The Key”. Gli altri li ho tenuti tutti. E in tutti i suoi libri, da “The Key” in poi, parla di un metodo sperimentato da un certo dott. Hew Len, un medico hawaiano che, sembra, ha guarito i pazienti di un manicomio criminale, senza mai incontrarli di persona.

Ammetto che l'omino nel mio cervello ha tirato un'inchiodata potente, quando ho letto questa cosa. E ammetto ancora, non sono così sicura che sia vera. Dopotutto, le uniche testimonianze che ho trovato a riguardo sono quelle che il dottore ha riferito a poche persone. Anzi, praticamente l’unica fonte è Joe Vitale. Nessun altro si è fatto avanti per confermare la storia. Quindi, permettetemi un po’ di scetticismo. Ma la cosa comunque mi ha incuriosito, così ho cercato di capire in cosa consistesse questo metodo “miracoloso”.

In pratica, secondo il dott. Hew Len, siamo responsabili al 100% di quello che succede nella nostra vita. Non è un concetto facile da accettare, anche perché spesso confondiamo la responsabilità con la colpa. Non è esattamente così. È logico che, se qualcuno ci fa del male, la colpa è sua. Ma, a quanto sembra, una parte di noi, molto profonda, ci ha fatto vivere quell'esperienza per insegnarci qualcosa. Il più delle volte è per aiutarci a superare certe convinzioni.

Il metodo del dottor Hew Len consiste, in pratica, nel ripulirsi prima da queste convinzioni.

C’è sempre un MA in agguato, comunque. Innanzitutto, il libro da cui l’ho letto era un’enorme strategia di marketing. Sotto al marketing, c’è spesso il rischio di trovare solo fuffa allo stato puro. Era pieno di testimonianze su come questo metodo ha cambiato la vita di tutti quelli che l’hanno provato. Potrebbe sembrare un bene, MA, ammettiamolo, non è propriamente così, soprattutto se le testimonianze sono fuorvianti. Alla fine non spiegavano esattamente cosa succedeva applicando questo metodo.

In tutti i libri che ho letto in cui parlano di questo metodo dicevano di recitare un mantra:

“Mi dispiace. Ti prego, perdonami. Grazie. Ti amo.”

Mh. Ok. L’ho provato. Eccome se l’ho provato. Ma non funzionava. Le cose non sono cambiate. Anzi! Accantonato un altro sistema. Per un po’, almeno.

Fino a quando non ho capito cosa Joe Vitale intendesse. E qui ho anche capito che, ammettiamolo, per quanto parli di cose interessanti nei suoi libri, è stato parecchio sleale. “Sì, ti do la formuletta magica, recitala e vedrai che miracolo!”. No. Non funziona così.

Quindi, a questo punto, è diventato quasi ovvio. Quel mantra non funziona se recitato come uno svogliato rosario durante il mese di maggio. E, soprattutto, se viene fatto con l’intenzione di cambiare le cose fuori da voi. La spiegazione è molto più banale. Se abbiamo un problema sul lavoro, in famiglia, con gli amici, economico, dicendo queste parole non è affatto detto che la situazione cambi. Il vostro titolare non sarà più gentile perché avete recitato la formuletta magica. Non vi aumenteranno i soldi in conto come per magia. Sembrerà logico, ma alla fine, se ho bisogno di scrivere questa cosa, è perché non è così scontato. Vedo tante persone che intraprendono strade spirituali particolari perché convinte profondamente che queste cambieranno la loro vita in un batter d’occhio. Spero di non offendere nessuno, dicendo che sono degli illusi. E spero di farmi perdonare dicendo che, tutto sommato, sono così anch’io.

Ho provato questo metodo su di me per esasperazione, perché non ce la facevo più a svegliarmi con i pensieri ossessivi dei miei problemi, pensando che mi sentivo in colpa perché, ed è la pura verità, alla fine ne ero io la causa. Così, in un momento particolarmente cupo, ho provato a rivolgermi quelle parole come se stessi parlando con un amico a cui avevo fatto un torto. La cosa curiosa è che i riscontri sono stati immediati.

Prima di tutto ho avvertito una gran pace dentro di me. Sono riuscita a calmarmi, almeno per un po’. E quasi automaticamente le cose si sono adattate di conseguenza. Ad un’esibizione di danza ho sbagliato gran parte dei passi, ma sono comunque riuscita a non fermarmi, come avrei fatto anche solo due mesi fa, e ad andare avanti fino alla fine. E alcune persone che mi avevano già vista danzare mi hanno garantito che comunque i miei sbagli non davano fastidio, pur essendo scoordinata con le mie compagne (stiamo parlando di danza orientale, comunque. È sempre brutto vedere una coreografia di gruppo scoordinata, ma se non altro si è meno severi nei confronti di chi pratica questa disciplina).

Altra cosa che mi ha lasciato sorpresa è stato un netto miglioramento nei miei rapporti di lavoro con una persona che prima mi metteva in serie difficoltà.

Sono anche riuscita ad affrontare alcune mie paure che mi stavano paralizzando. Con la mente più tranquilla, sono riuscita ad agire. Non so quale sarà l’esito di queste mie azioni, le possibilità che le cose vadano a scatafascio esistono, ma la sensazione di libertà che ho guadagnato è impagabile!

Non è magia, gente. Semplicemente, quando abbiamo la mente rilassata, gli altri se ne accorgono e si approcciano a noi in modo differente. Così come la nostra mente escogita soluzioni ai nostri problemi che prima non vedevamo. Se siamo agitati per un qualsiasi motivo e ci portiamo dietro questa agitazione, è normale che chi si avvicina a noi sarà nervoso e ci tratterà male.

Quando recitate questo mantra, se lo fate in maniera sentita, in pratica vi state dando attenzione. Magari era proprio quella che vi mancava e, di conseguenza, vi rendeva scontenti.

Perché ho scritto questo post? Beh, due ragioni.

Primo, so che tante persone si sono avvicinate alla legge di attrazione e sono rimaste scottate. Faccio parte della categoria, dopotutto. Volevo semplicemente dare un punto di vista differente, che magari desse un po’ di speranza in più.

Il secondo motivo è la mia poca costanza. Volevo fare questo piccolo esperimento: provare per un mese di fila questo metodo. E vedere cosa succede realmente quando lo si applica. E se scrivo un post a riguardo, sarà più probabile che mantenga la mia promessa. Anche perché intendo scriverne un altro, fra un mese circa, sugli effetti di questa tecnica, e sulle conclusioni che ne ho tratto.

Allora, appuntamento a fra un mese?

PS: è doveroso specificare che nel frattempo il blog andrà avanti come sempre. Scriverò comunque (impegni permettendo) post su castelli e ville, fantasmi e leggende varie. E Jessica andrà avanti a scrivere sul paganesimo (parentesi come sopra). Questo è solo un esperimento a parte.

Besos a todos!

Vi racconto del mio weekend in montagna...

… anche se, in realtà, non si è trattato propriamente un week-end! Sono partita di domenica e sono tornata di martedì.

Tranquilli, cercherò di non mettere troppe riflessioni personali, in questo post. E alla fine vi racconterò non una, bensì due leggende! Quindi, cominciamo!


Innanzitutto, mi scuso per il silenzio stampa delle ultime settimane. Devo ammettere che la mia voglia di scrivere era pressoché nulla. Niente di che, semplicemente avevo bisogno di ferie e, una volta cominciate, ho preferito godermele tutte senza pensare troppo anche agli impegni che avevo e che mi ero presa. Credo sia capitato a tutti un periodo così: tante cose da fare, tante persone da seguire (parenti, amici, fidanzati vari... non fraintendetemi, ne ho solo uno, di fidanzato, parlavo in generale!), progetti, lavoro, stress. Alla fine non sapevo più a che santo votarmi!

Così ho preso il toro per le corna e ho deciso di godermi due giorni in cui stare da sola con me stessa. Solo io e basta. E, se devo dirvi la verità, se vi capita un'occasione del genere, coglietela al volo!

La mia meta è stata la Val di Sole, posto in cui ho lavorato per un po' di mesi, qualche anno fa. Per me quella zona vuol dire molto, devo ammetterlo. Bella, tranquilla, e inoltre, quando ci lavoravo, non facevo altro che respirare libertà, lì. Dopotutto, facevo stagioni! L'unica cosa di cui mi sono sempre un po' pentita, è di non averla girata e vissuta come meritava. Sì, facevo delle passeggiate, ma tutto sommato non l'ho visitata per bene. Per esempio, non ho mai visto la rocca di Samoclevo, le cascate del Saent, Castel San Michele. Non mi sono mai cacciata in testa di visitare la vicina Val di Non come si deve, con Castel Clés e Castel Thun. Quindi, mi ero organizzata per benino quei due giorni. Giorno di arrivo: Castel Thun, arrivo in albergo, pranzo, rocca di Samoclevo, cena, letto. Secondo giorno: cascate del Saent, pranzo, lago dei Caprioli più eventuali altri giretti, cena, letto. Terzo giorno: check-out, passeggiata per visitare il monastero di San Romedio, ritorno a casa.

Inutile dire che non ho fatto un accidenti di queste cose.

Castel Thun l'ho saltato a piè pari. La mia idea era di parcheggiare vicino al castello e visitarlo in tutta tranquillità. Purtroppo era domenica, il parcheggio era stracolmo, bisognava parcheggiare in paese e prendere la navetta. Sinceramente, mi piacciono i castelli, ma quella manfrina non avevo proprio voglia di sorbirmela. Così sono arrivata in albergo, per poi andare a pranzare in un bar vicino a dove lavoravo. Mentre tornavo indietro, è arrivato il maltempo. Ovvio. Era stato bello fino al giorno prima, figurarsi se non peggiorava proprio quando ero lì io!

In realtà, non pensavo di farmi fermare da quattro gocce, avevo felpe e k-way con me, ma avevo fatto i conti senza l'oste! Insomma, ho sempre ritenuto che la meteoropatia fosse solo suggestione. Mi sono dovuta ricredere. Particolarmente in montagna, se non si è abituati, la bassa pressione si fa sentire, e molto di prepotenza! Per un'ora ho girato in macchina come un'anima in pena, agitata come non mai, e con un mal di testa che non augurerei a nessuno, a tratti vedevo persino le cose sfocate. Poi sono rientrata in albergo e lì mi sono dovuta stendere. Ho dormito per circa un'ora e mezza. Ormai la giornata era andata, così sono andata a Malé a fare un giretto.

Il giorno dopo il tempo faceva altrettanto schifo, così ho passato la mattinata dai miei ex titolari. Stavo rientrando in albergo, quando ho deciso che non mi andava minimamente di passare un altro pomeriggio chiusa tra quattro muri, così sono andata a Samoclevo. Non sono neanche passata in albergo a cambiarmi, avevo una maglietta e dei jeans neri. E sono andata esattamente vestita così com'ero. Un po' una sciocchezza, ma, stando ai siti internet, la strada delle piscine cruente era un sentiero semplice, ci si impiegava mezz'ora a raggiungere la rocca. Dopo un'ora e mezza, in cui pioveva e spioveva a ciclo continuo, stavo ancora arrancando per salire, persa in mezzo ai boschi. Non sono mai stata una persona particolarmente atletica, solo nell'ultimo anno ho cominciato ad apprezzare il movimento. Questo implica che, mentre prima, fra passeggiata e divano, avrei scelto divano, adesso sceglierei una via di mezzo: passeggiata breve e poi divano. Tutto sommato, però, avevo (ho!) un buon passo, quindi mi sembrava strano non essere ancora in vista della rocca!

Le cose erano due: o i siti internet che avevo consultato dicevano un sacco di cavolate, o avevo sbagliato strada. Così, dopo un po' - quando mi sono accorta di essere bagnata come un pulcino e talmente stufa da essermi profondamente convinta che il Gròstol mi sarebbe apparso in tutta la sua ferocia - mi sono arresa e sono tornata indietro. Non l'avrei mai fatto se fossi stata vestita in modo appropriato per un'escursione, sia chiaro, ma in quel caso decisamente era meglio lasciar perdere. Così sono tornata in hotel. Ma, tornando indietro, mi sono persa con l'auto, e mi sono ritrovata in un meleto. Mentre mi giravo (e imprecavo) per tornare indietro e riprendere la strada principale, ho visto la rocca! Ecco a voi la foto:



Suggestivo, no? Anche quando pensi che sta andando tutto male, in un modo o nell'altro il tuo scopo lo raggiungi, anche se, magari, non come avresti voluto. Insomma, volevo vedere la rocca, no?


Quella sera, ho fatto una passeggiata per Mezzana e sono andata a cena. Tornando in albergo ho guardato il panorama.



Ho intravisto, nell'aria cristallina, un posto che avevo provato a visitare anni fa, ma era chiuso per restauro: Castel San Michele, a Ossana. Le luci erano accese, era illuminato come mai l'avevo visto.

Era l'ultima sera, e, nonostante il maltempo, mi sembrava un crimine chiudermi in albergo. Così ho preso la macchina e ho percorso la strada che mi separava dal castello. In realtà, essendo le nove di sera, non ero così sicura che sarebbe stato aperto, ma, forse, un paio di foto che non includessero delle impalcature sarei riuscita a farle. Con mia sorpresa, invece, era aperto. Almeno, i cortili erano accessibili (era in corso una serata dedicata agli scultori del legno), il mastio invece era chiuso. Così sono entrata, cercando anche un po' di informazioni su quel posto che tanto mi affascinava.



Non si hanno notizie precise della fortezza. Fu costruita su uno sperone di roccia, in modo da avere la massima visibilità sulla Val di Sole e sulla Val di Peio (parola mia, entrambe le valli si vedevano davvero bene, nonostante il buio e il maltempo!). Pare che la struttura fosse presente all'epoca dei longobardi, anche se le prime notizie scritte risalgono a molto più tardi, intorno all'anno 1190. Inizialmente il castello era proprietà della diocesi di Trento, poi, nel corso dei secoli, è passato a parecchie famiglie. Diciamo pure che la storia è sempre la stessa, più o meno, per tutti i castelli. Antichi, maestosi, costruiti su punti strategici, passano di famiglia in famiglia nel corso dei secoli, diventano musei (magari anche abitati, ma comunque visitabili), ristoranti, alberghi, oppure cadono in rovina.

Per quanto bella sia la storia, la leggenda e il mistero sono quelli che danno vita alle cose, spingono a voler scoprire qualcosa di più. Ormai è risaputo che amo questo genere di cose. Non esisterebbe questo blog, altrimenti.

Così, eccoci qua al punto clou del post.

Entrambe le leggende che sto per raccontarvi parlano della famiglia de Federici, proprietaria del castello dal 1412 al sec. XVI.

Dovete sapere che la famiglia de Federici era una famiglia lombarda alquanto potente. All'epoca, chiunque avrebbe dato anche l'anima pur di sposare un erede di quella famiglia. Un bel giorno arrivò una principessa ben decisa a sposare il figlio di Giacomo de Federici. Il matrimonio era combinato, ma la bella fanciulla non volle attendere il giorno delle nozze per vedere le immense ricchezze della famiglia. Così entrò nella sala del tesoro, ma c'era così tanto oro che riluceva, che la ragazza ne venne accecata! Questa fu la sua punizione per la sua avidità.

Però, sapete, io sono convinta di una cosa: il simile attrae il proprio simile (a rileggerla non ha proprio senso, questa frase, almeno grammaticalmente parlando!).

Pare che neanche il figlio di Giacomo fosse tutto questo gran stinco di santo. Molto arrogante, non perdeva occasione di mostrare la sua superiorità (molto probabilmente era molto più che arrogante. Quasi sicuramente era molto crudele). I popolani erano talmente stufi di lui che gli tesero una trappola. Scavarono una buca in cui il ragazzo, di ritorno da una battuta di caccia, cadde con tutto il cavallo. Dopodiché, venne preso a sassate e seppellito con la povera bestia dai popolani esasperati.

Della serie, severi ma giusti!


Così concludo questo post.

Spero che lo abbiate gradito! Alla prossima!


Angela