giovedì 1 ottobre 2015

Vi racconto del mio weekend in montagna...

… anche se, in realtà, non si è trattato propriamente un week-end! Sono partita di domenica e sono tornata di martedì.

Tranquilli, cercherò di non mettere troppe riflessioni personali, in questo post. E alla fine vi racconterò non una, bensì due leggende! Quindi, cominciamo!


Innanzitutto, mi scuso per il silenzio stampa delle ultime settimane. Devo ammettere che la mia voglia di scrivere era pressoché nulla. Niente di che, semplicemente avevo bisogno di ferie e, una volta cominciate, ho preferito godermele tutte senza pensare troppo anche agli impegni che avevo e che mi ero presa. Credo sia capitato a tutti un periodo così: tante cose da fare, tante persone da seguire (parenti, amici, fidanzati vari... non fraintendetemi, ne ho solo uno, di fidanzato, parlavo in generale!), progetti, lavoro, stress. Alla fine non sapevo più a che santo votarmi!

Così ho preso il toro per le corna e ho deciso di godermi due giorni in cui stare da sola con me stessa. Solo io e basta. E, se devo dirvi la verità, se vi capita un'occasione del genere, coglietela al volo!

La mia meta è stata la Val di Sole, posto in cui ho lavorato per un po' di mesi, qualche anno fa. Per me quella zona vuol dire molto, devo ammetterlo. Bella, tranquilla, e inoltre, quando ci lavoravo, non facevo altro che respirare libertà, lì. Dopotutto, facevo stagioni! L'unica cosa di cui mi sono sempre un po' pentita, è di non averla girata e vissuta come meritava. Sì, facevo delle passeggiate, ma tutto sommato non l'ho visitata per bene. Per esempio, non ho mai visto la rocca di Samoclevo, le cascate del Saent, Castel San Michele. Non mi sono mai cacciata in testa di visitare la vicina Val di Non come si deve, con Castel Clés e Castel Thun. Quindi, mi ero organizzata per benino quei due giorni. Giorno di arrivo: Castel Thun, arrivo in albergo, pranzo, rocca di Samoclevo, cena, letto. Secondo giorno: cascate del Saent, pranzo, lago dei Caprioli più eventuali altri giretti, cena, letto. Terzo giorno: check-out, passeggiata per visitare il monastero di San Romedio, ritorno a casa.

Inutile dire che non ho fatto un accidenti di queste cose.

Castel Thun l'ho saltato a piè pari. La mia idea era di parcheggiare vicino al castello e visitarlo in tutta tranquillità. Purtroppo era domenica, il parcheggio era stracolmo, bisognava parcheggiare in paese e prendere la navetta. Sinceramente, mi piacciono i castelli, ma quella manfrina non avevo proprio voglia di sorbirmela. Così sono arrivata in albergo, per poi andare a pranzare in un bar vicino a dove lavoravo. Mentre tornavo indietro, è arrivato il maltempo. Ovvio. Era stato bello fino al giorno prima, figurarsi se non peggiorava proprio quando ero lì io!

In realtà, non pensavo di farmi fermare da quattro gocce, avevo felpe e k-way con me, ma avevo fatto i conti senza l'oste! Insomma, ho sempre ritenuto che la meteoropatia fosse solo suggestione. Mi sono dovuta ricredere. Particolarmente in montagna, se non si è abituati, la bassa pressione si fa sentire, e molto di prepotenza! Per un'ora ho girato in macchina come un'anima in pena, agitata come non mai, e con un mal di testa che non augurerei a nessuno, a tratti vedevo persino le cose sfocate. Poi sono rientrata in albergo e lì mi sono dovuta stendere. Ho dormito per circa un'ora e mezza. Ormai la giornata era andata, così sono andata a Malé a fare un giretto.

Il giorno dopo il tempo faceva altrettanto schifo, così ho passato la mattinata dai miei ex titolari. Stavo rientrando in albergo, quando ho deciso che non mi andava minimamente di passare un altro pomeriggio chiusa tra quattro muri, così sono andata a Samoclevo. Non sono neanche passata in albergo a cambiarmi, avevo una maglietta e dei jeans neri. E sono andata esattamente vestita così com'ero. Un po' una sciocchezza, ma, stando ai siti internet, la strada delle piscine cruente era un sentiero semplice, ci si impiegava mezz'ora a raggiungere la rocca. Dopo un'ora e mezza, in cui pioveva e spioveva a ciclo continuo, stavo ancora arrancando per salire, persa in mezzo ai boschi. Non sono mai stata una persona particolarmente atletica, solo nell'ultimo anno ho cominciato ad apprezzare il movimento. Questo implica che, mentre prima, fra passeggiata e divano, avrei scelto divano, adesso sceglierei una via di mezzo: passeggiata breve e poi divano. Tutto sommato, però, avevo (ho!) un buon passo, quindi mi sembrava strano non essere ancora in vista della rocca!

Le cose erano due: o i siti internet che avevo consultato dicevano un sacco di cavolate, o avevo sbagliato strada. Così, dopo un po' - quando mi sono accorta di essere bagnata come un pulcino e talmente stufa da essermi profondamente convinta che il Gròstol mi sarebbe apparso in tutta la sua ferocia - mi sono arresa e sono tornata indietro. Non l'avrei mai fatto se fossi stata vestita in modo appropriato per un'escursione, sia chiaro, ma in quel caso decisamente era meglio lasciar perdere. Così sono tornata in hotel. Ma, tornando indietro, mi sono persa con l'auto, e mi sono ritrovata in un meleto. Mentre mi giravo (e imprecavo) per tornare indietro e riprendere la strada principale, ho visto la rocca! Ecco a voi la foto:



Suggestivo, no? Anche quando pensi che sta andando tutto male, in un modo o nell'altro il tuo scopo lo raggiungi, anche se, magari, non come avresti voluto. Insomma, volevo vedere la rocca, no?


Quella sera, ho fatto una passeggiata per Mezzana e sono andata a cena. Tornando in albergo ho guardato il panorama.



Ho intravisto, nell'aria cristallina, un posto che avevo provato a visitare anni fa, ma era chiuso per restauro: Castel San Michele, a Ossana. Le luci erano accese, era illuminato come mai l'avevo visto.

Era l'ultima sera, e, nonostante il maltempo, mi sembrava un crimine chiudermi in albergo. Così ho preso la macchina e ho percorso la strada che mi separava dal castello. In realtà, essendo le nove di sera, non ero così sicura che sarebbe stato aperto, ma, forse, un paio di foto che non includessero delle impalcature sarei riuscita a farle. Con mia sorpresa, invece, era aperto. Almeno, i cortili erano accessibili (era in corso una serata dedicata agli scultori del legno), il mastio invece era chiuso. Così sono entrata, cercando anche un po' di informazioni su quel posto che tanto mi affascinava.



Non si hanno notizie precise della fortezza. Fu costruita su uno sperone di roccia, in modo da avere la massima visibilità sulla Val di Sole e sulla Val di Peio (parola mia, entrambe le valli si vedevano davvero bene, nonostante il buio e il maltempo!). Pare che la struttura fosse presente all'epoca dei longobardi, anche se le prime notizie scritte risalgono a molto più tardi, intorno all'anno 1190. Inizialmente il castello era proprietà della diocesi di Trento, poi, nel corso dei secoli, è passato a parecchie famiglie. Diciamo pure che la storia è sempre la stessa, più o meno, per tutti i castelli. Antichi, maestosi, costruiti su punti strategici, passano di famiglia in famiglia nel corso dei secoli, diventano musei (magari anche abitati, ma comunque visitabili), ristoranti, alberghi, oppure cadono in rovina.

Per quanto bella sia la storia, la leggenda e il mistero sono quelli che danno vita alle cose, spingono a voler scoprire qualcosa di più. Ormai è risaputo che amo questo genere di cose. Non esisterebbe questo blog, altrimenti.

Così, eccoci qua al punto clou del post.

Entrambe le leggende che sto per raccontarvi parlano della famiglia de Federici, proprietaria del castello dal 1412 al sec. XVI.

Dovete sapere che la famiglia de Federici era una famiglia lombarda alquanto potente. All'epoca, chiunque avrebbe dato anche l'anima pur di sposare un erede di quella famiglia. Un bel giorno arrivò una principessa ben decisa a sposare il figlio di Giacomo de Federici. Il matrimonio era combinato, ma la bella fanciulla non volle attendere il giorno delle nozze per vedere le immense ricchezze della famiglia. Così entrò nella sala del tesoro, ma c'era così tanto oro che riluceva, che la ragazza ne venne accecata! Questa fu la sua punizione per la sua avidità.

Però, sapete, io sono convinta di una cosa: il simile attrae il proprio simile (a rileggerla non ha proprio senso, questa frase, almeno grammaticalmente parlando!).

Pare che neanche il figlio di Giacomo fosse tutto questo gran stinco di santo. Molto arrogante, non perdeva occasione di mostrare la sua superiorità (molto probabilmente era molto più che arrogante. Quasi sicuramente era molto crudele). I popolani erano talmente stufi di lui che gli tesero una trappola. Scavarono una buca in cui il ragazzo, di ritorno da una battuta di caccia, cadde con tutto il cavallo. Dopodiché, venne preso a sassate e seppellito con la povera bestia dai popolani esasperati.

Della serie, severi ma giusti!


Così concludo questo post.

Spero che lo abbiate gradito! Alla prossima!


Angela

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