giovedì 29 marzo 2018

Il basilisco


Innanzitutto, mi scuso di nuovo per l'assenza, per quanto sia stata decisamente più breve delle altre. Mi sono presa l'influenza e per guarire ci ho messo più del solito. Comunque eccomi qua, bella pimpante e pronta a parlarvi di creature magiche.
Nello specifico, oggi parleremo del basilisco.
Immagino che tanti lo conoscano per via di “Harry Potter e la camera dei segreti”. Tuttavia si tratta di una creatura di cui si parlava ben prima della fortunatissima saga. C'è anche da dire che J. K. Rowling ha inserito parecchi riferimenti mitologici in Harry Potter, motivo in più, secondo me, per considerare questa saga un capolavoro.
Ad ogni modo, la prima volta in cui ho letto del basilisco avevo, credo, otto o nove anni. Ho letto di questa creatura nel libro “Leggende dei castelli del Trentino”, di Giovanna Borzaga. All'inizio ho storto un po' il naso, perché avevo letto “basilico” e non riuscivo a capire come il basilico potesse seminare così tanto terrore in una valle. Ma di questo parleremo nel prossimo post.
Ci sono diverse versioni su cosa sia un basilisco, almeno secondo la mitologia.
I racconti più antichi risalgono all'epoca dell'Impero Romano, in cui Plinio il Vecchio narrava di una creatura spaventosa, nata dall'uovo di un vecchio gallo e covata da un serpente o un rospo. Secondo alcune vecchie icone, il basilisco era quindi un ibrido tra un rettile e un uccello. Una specie di Ippogrifo con le zampe di gallina e la coda di un serpente.

Risultati immagini per basilisco
Possibile aspetto di un basilisco.
(Fonte: Google)


Col passare dei secoli, in ogni caso, la visione di questa bestia cambiò e prese sempre di più l'aspetto di un serpente, inizialmente molto piccolo, poi, gradatamente, sempre più grande, fino a divenire più simile ad un drago. Genericamente, questo serpente pare avere una macchia bianca sulla testa, molto simile ad un diadema nella forma, cosa che gli vale il soprannome di “re dei serpenti”.
Comunque la si veda, il basilisco resta una delle creature più pericolose esistenti al mondo, secondo le leggende. Il suo veleno è potentissimo, spesso basta entrare a contatto con una piccola goccia per morire tra atroci tormenti. Alcune versioni, quelle più diffuse, riportano il suo sguardo come una delle sue armi più temibili: basta guardarlo negli occhi e sei morto. Altre versioni dicono che, in realtà, non è tanto lo sguardo ad uccidere, quanto il suo veleno, una volta di più. Semplicemente respirando, è in grado di desertificare l'area intorno a sé. Quindi, chi riesce ad avvicinarsi abbastanza è destinato comunque a morire in quanto l'aria è letteralmente irrespirabile.
Come ho già detto fino allo sfinimento, ormai, sono sempre stata un'appassionata di leggende, da che ho memoria. E anni fa mi sono ritrovata a leggere un libro di leggende sul Veneto, la mia regione. Mi è cascata la mandibola quando ho visto che anche nei monti del Veneto il basilisco fa parte del folklore. Ora come ora, mi chiedo cosa avessi da essere così sorpresa, dopotutto il Veneto e il Trentino sono attigui. È normale, quindi, che abbiano in comune alcune leggende.
Mi ha divertito, comunque, leggere di certe caratteristiche del basilisco che non ho trovato da nessun'altra parte. Certo, sono dettagli, ma sono dettagli che ho trovato insieme spassosi e inquietanti.
Innanzitutto, la sua nascita. Sì, nasce dall'uovo di un gallo (tra l'altro, non chiedetemi come fa un gallo a deporre, non lo so e non lo voglio sapere!) ma non è un rospo o un serpente a covarlo, bensì un'ebrea. Giusto perché in Veneto non abbiamo la fama di essere razzisti. Assolutamente no. Certo.
In più, ci sono anche alcuni segni che indicano se avrai a che fare con il basilisco: la persona che apre un uovo e ci trova dentro due tuorli, vedrà un basilisco entro l'anno. Quella che invece ne troverà tre è destinata a morire per mano del re dei serpenti.
Ehmmmm... i miei genitori hanno delle galline, a casa, e mi è capitato, qualche volta, di trovare uova con due o tre tuorli. Mi sa che sono proprio nei guai!
Battute stupide a parte, il basilisco ha dei nemici, per lui molto pericolosi. E questi li si trova in qualsiasi versione della leggenda si legga.
La prima è la donnola, unico animale al mondo ad essere in grado di aggredire e uccidere un basilisco.
Il Basilisco attaccato da una donnola.
L'immagine si trova nel bestiario di Aberdeen, manoscritto miniato del sec. XII.
Il secondo è il gallo. Qualora il basilisco ne sentisse il canto, morirebbe all'istante.
Il basilisco veniva usato molto spesso anche nell'araldica, in ogni caso. Pare che fosse simbolo di potenza ed eternità. In pratica, avere un basilisco nello stemma araldico era un auguro di prosperità per la famiglia.

E con questa particolare informazione, abbiamo finito il post di oggi.
Appuntamento alla prossima settimana, dove vi narrerò una leggenda legata proprio al basilisco!

Stay tuned!

lunedì 12 marzo 2018

La contessa Dina


Una delle cose che mi affascina di più quando leggo determinate storie e leggende, è la crudeltà attribuita alle donne. Forse è il sessismo dilagante nella storia, che ha sempre relegato le donne in ruoli subalterni agli uomini e che ha portato anche a credere che la donna, dentro di sé, ha il seme di una malvagità innata. Forse perché la crudeltà da parte di un uomo è vista come un qualcosa di normale, considerando che avevano più possibilità di esprimerla. Non lo so. Tuttavia, non posso mai fare a meno di soffermarmi e meditare bene su quello che leggo, quando incappo in una storia dove una donna interpreta la parte della malvagia, senza essere una regina cattiva che perseguita principesse puntualmente salvate da un principe con i leggins azzurri.

Non me ne vogliate, ho tendenze femministe. Se vi può consolare, non credo racconterò mai ai miei figli la storia di Biancaneve rivisitata in modo che prenda a randellate la vecchietta che le offre lacci e mele avvelenate. Su questo posso rassicurarvi.

Torniamo a noi. Dopo Elisabeth Bathory e Avalda, parleremo, come da titolo, della contessa Dina, signora di Castel Romano, una rocca situata a Pieve di Bono, nella Valle del Chiese, in provincia di Trento.

Esistono due versioni di questa storia.

Nella prima, la contessa era una splendida donna, rossa di capelli, passionale e molto crudele. Il suo hobby preferito era correre a cavallo in giro per la vallata, in cerca di uomini giovani e belli da sedurre. Talvolta, qualcuno la seguiva nel castello e… beh non faceva più ritorno. Si narra che, un bel giorno, il prete del paese, stanco di vedere tutti i giovanotti della valle sparire nel nulla, lasciandosi alle spalle una sequela di famiglie affrante, decise di andare a verificare di persona cosa succedeva dentro a quelle mura. Era preoccupato da morire, dopotutto le voci che circolavano sulla contessa non erano certo benevole! In certi casi, si parlava addirittura di orge e riti satanici. Il sacerdote, così, si confuse tra la servitù e seguì la contessa a distanza, certo che prima o poi avrebbe attirato qualcuno nelle sue stanze. E così fu. Dopo che la contessa si fu divertita con quel ragazzo, fece sì che il poveretto cadesse in un pozzo alle cui pareti erano fissate delle lame affilatissime. Il ragazzo morì tra atroci tormenti sotto gli occhi terrorizzati del sacerdote.

L’uomo, comunque, non si perse d’animo. Sapeva bene che la contessa Dina, molto presto, avrebbe cercato altri giovani. Così le tese un agguato. Aspettò che la donna uscisse a cavallo e, con un colpo di fucile ben piazzato, la spedì nel mondo dei più, vendicando tutti i giovani che, a causa sua, avevano perso la vita tra quelle mura maledette.

L’altra versione comincia in modo molto simile alla storia della contessa Bathory, anche se finisce allo stesso modo della prima. In questa variante, la contessa non era affatto bella. E una volta visto che, con il tempo, il suo aspetto peggiorava, decise di vendicarsi, seducendo gli uomini della valle grazie alla sua posizione influente. Dopodiché, quella botola li attendeva.
I resti di Castel Romano
 

Attualmente il castello è poco più di un cumulo di macerie, dal momento che venne praticamente raso al suolo durante la prima guerra mondiale, tuttavia è stato riaperto al pubblico, dopo un grande lavoro di recupero. Potete visitarlo, se volete. Non è affatto da escludere che, durante la vostra visita, possiate trovare lo spettro della contessa che ancora vaga tra le rovine in cerca di ragazzi da sedurre e da trascinare con sé all’inferno…

sabato 10 marzo 2018

Biasio il macellaio


Bene, riapriamo questo blog con una storiella carina, carina, adatta proprio ai bambini!
Sapete, una cosa che ho sempre trovato curiosa è la diffusione di certe leggende.
Per esempio, la leggenda di Avalda, di cui vi avevo parlato in questo post, è diffusa anche in Trentino, particolarmente a Castel Romano. Non vi dirò oltre, perché quella leggenda, per quanto simile a quella di Avalda, merita comunque un post a parte.
Un'altra storia che mi ha colpita è quella di Sweeney Todd, il barbiere di Fleet Street che terrorizzò Londra poco prima di Jack lo Squartatore. Tra l'altro, sono passata per Fleet Street, ormai quattro anni fa. Per come si presenta ora, non si direbbe proprio che lì si fossero consumati così tanti omicidi. Chissà come si presentava, all'epoca? Scusatemi, non posso fare a meno di immaginarmela tetra, con nuvoloni perenni. E pensare che, quando l'ho vista io, era baciata da quel raro sole londinese!
Ma adesso torniamo in Italia. Più precisamente, nella mia amata Venezia. Un pomeriggio in cui non avevo nulla di che da fare, Jessica (la “nostra” Jessica) mi ha mandato un link che quasi mi ha fatto cadere dalla sedia, da quanto mi ha sorpresa. Perché, a quanto sembra, anche a Venezia, nel Cinquecento, esisteva un “Sweeney Todd” nostrano.
Il suo nome era Biagio, detto “Biasio il Cargnio”, per la sua provenienza dalla zona delle Alpi carniche, e viveva nei pressi di una fondamenta a Santa Croce, dove possedeva anche una taverna. Era famosissimo in tutta la città per il suo “sguazeto”.
Lo “sguazeto” è uno spezzatino di carne tipico di Venezia e pare che nessuno riuscisse a farne uno migliore di Biasio, che divenne presto famoso in tutta la città. Non che non ci abbiano provato. Tutte le locande di Venezia tentavano di imitare quello spezzatino, cercavano di carpire l'ingrediente segreto che rendeva quello sguazeto così delizioso, ma niente. Sembrava proprio che il segreto dello sguazeto fosse destinato a morire con Biasio. Finché un giorno un barcaiolo non si fermò a mangiare presso quella locanda.
Lo stupore e l'orrore furono incredibili quando, in mezzo alla carne, il pover'uomo si ritrovò un minuscolo ditino. Mantenendo una calma che personalmente gli invidio, il barcaiolo si alzò e andò a denunciare il fatto dai gendarmi della città.
Una volta arrivate sul posto, le guardie trovarono uno spettacolo raccapricciante: nel retrobottega c'erano i corpi squarciati di diversi bambini. Messo alle strette, Biasio confessò i suoi crimini: uccideva dei bambini, ne tritava la carne e la serviva ai suoi clienti. Ed ecco l'ingrediente segreto del macellaio di Venezia.
La giustizia non si fece attendere. All'assassino vennero amputate le mani, poi venne trascinato in piazza San Marco, dove venne decapitato.

Il suo corpo venne poi diviso in quattro pezzi che vennero esposti ai quattro angoli di Venezia, come monito ai criminali. La sua casa e la sua bottega vennero rase al suolo. Di quell'orribile vicenda rimase solo il nome dato alla riva della zona, che venne chiamata, appunto, Riva di Biasio.
San Zan Degolà - campo vicino a dove, si presume, sorgeva la bottega di Biasio il Cargnio

venerdì 9 marzo 2018

Un post... tra il serio e il faceto

Lo confesso. È stato difficilissimo decidere di scrivere questo post. Ero (sono!) tremendamente imbarazzata. È passato più di un anno dal mio ultimo post, in cui garantivo una presenza più costante. E invece... eccomi qua, un anno e mezzo dopo, a chiedervi scusa per le mie mancate promesse. Arrivati a questo punto, non intendo promettere nient'altro. Ma voglio raccontarvi a cuore aperto cosa mi ha tenuto lontana dal blog. E cosa mi ha spinto a riavvicinarmi. Mettetevi comodi, sarà una cosa molto lunga. Anche se, spero, interessante. Non voglio menare il cane per l'aia: avevo sottovalutato l'impegno che ci vuole a tenere seriamente in piedi un blog. Tendo ad essere molto superficiale, su certe cose, e in certi casi ne ho pagato lo scotto. Come adesso. Ovviamente, ci sono altre motivazioni, e anche abbastanza importanti, ma la motivazione principale è stata questa. Le altre... beh, ve le dirò, perché penso che sia giusto aggiungere anche un contorno a quello che sto scrivendo. Dopotutto, mi sono scherzosamente definita una “cantastorie”, in uno dei miei primi articoli. In più, ammettiamolo, è una bella storia, piena di mistero, come tutte le storie che secondo me meritano di essere raccontate. Dunque, partiamo dall'inizio. Da prima di questo blog. Dagli inizi del 2010 fino a ottobre 2016 per me è stato un periodo piuttosto brutto. Soffrivo di depressione, dopo una serie di eventi che mi avevano veramente buttata giù di morale. Non entrerò nel dettaglio, in ogni caso, ma voglio descrivervi esattamente come mi sentivo in quel periodo: uno schifo. Davvero uno schifo. Me ne capitava una dietro l'altra, davvero! Ogni motivo era buono per vedere la mia autostima precipitare nei meandri del Tartaro. Passavo dalla disperazione più totale al sentirmi indifferente a quello che mi succedeva intorno. Avevo degli sprazzi di felicità, brevissimi, ma erano come la mela di Jack O'Lantern: sostanzialmente una tortura, visto che poi, lo sapevo bene, sarei di nuovo caduta nel baratro. L'aspetto peggiore? Il vedere come le giornate proseguivano tutte uguali. Identiche, scandite unicamente dal mio alzarmi dal letto sempre più di malavoglia e dall'addormentarmi la sera sempre più tardi dopo avere guardato serie TV per ore ed ore. Inizialmente ero disoccupata, ma più tardi, anche iniziando a lavorare, la mia situazione non era cambiata granché. Anzi, per certi aspetti era anche peggiorata, dal momento che gran parte della mia autostima si basava, e si basa ancora, sul lavoro e su quanto sono produttiva. Certi lo definirebbero un ragionamento che non si può fare, quando si parla di autostima. Tendo a pensarla come loro. Avere da fare non mi aiutava, in effetti. E come avrebbe potuto, dal momento che la mia depressione non aveva a che fare con il “non fare nulla”? Avevo dei momenti in cui sembravo uscire dal torpore, ed era quando scrivevo o quando vivevo qualcosa che valeva davvero la pena raccontare. Erano gli unici momenti in cui mi sembrava di non sprecare il mio tempo. Il 2016 è stato l'anno della svolta. Mi piace raccontare di quell'anno. Infatti, ogni volta che posso, quel periodo esce fuori dalle mie labbra, sempre con un senso incredibile di meraviglia. È stato il 2016 a risvegliare quella parte di me che tanto ama i misteri. Anche se l'ha fatto in maniera decisamente spietata.
A maggio 2016 è morta mia nonna. Ne avevo già parlato nell'ultimo post, anche se in maniera molto vaga. Come preferisco sempre far notare, quello che descriverò sono le sensazioni di una persona comunissima, che non vuole insegnare o dimostrare nulla a nessuno. Non prendetele come verità assoluta, perché non lo sono. Il fatto è che, per circa un mese, mi sono sentita strana. A parte la giusta tristezza per la morte di mia nonna, a cui ero piuttosto affezionata, ho cominciato proprio a sentire lei. La sentivo al mio fianco mentre lavoravo o facevo qualsiasi altra cosa. C'erano dei momenti in cui pensavo che, se solo avessi allungato la mano dietro di me, lei l'avrebbe stretta. E c'erano delle volte in cui allungavo davvero la mano dietro di me, rimanendo realmente sorpresa del fatto che non ci fosse nessuno. Potevo percepire una presenza che stava al mio fianco, precisamente vicino alla mia spalla destra. In più, sono cominciate le canzoni. In quel periodo era uscito “Hello”, di Adele. Non avevo veramente mai sentito quella canzone. Non metto mai la radio in macchina, per lo più ascolto solo cd e in quel periodo Zucchero andava per la maggiore, per me, lo ascoltavo fino all'ossessione. Questo fino a qualche giorno dopo la morte di mia nonna, quando il ritornello di “Hello” mi è arrivato di prepotenza alle orecchie. Stavo uscendo in officina (sono segretaria in un'azienda di lavorazioni metalliche), dove avevano acceso la radio. Vi posso garantire che sentire all'improvviso “Hello from the other side” poco dopo la morte di una persona cara è qualcosa che può far venire il latte alle ginocchia in dieci secondi netti, anche, e soprattutto, quando sapete che tendete a fare “voli con la fantasia” e vi siete abituati quindi a razionalizzare tutto quello che vi capita. Da lì, ho cominciato a sentire molto più spesso canzoni il cui testo conteneva un saluto di qualche tipo. In più, ci sono state le farfalle. Dal giorno della morte di mia nonna, per parecchi mesi, ho avuto un viavai di farfalle che mi passava a fianco ogni volta che uscivo all'aria aperta. Ogni. Singola. Volta. Questa cosa si è verificata solo nel 2016.
Inizialmente pensavo che fosse un puro caso, ma l'anno scorso questo fenomeno non si è verificato. L'unica volta in cui una farfalla si è comportata in modo strano è stato quando ho sollevato una mano e questa ci si è posata sopra. È stata l'unica, per il resto... nisba! Non c'era neanche una farfalla che mi passava a fianco. E comunque ne vedevo parecchie. I mesi passavano, e io continuavo a pensare che ci fosse qualcosa che mi stava spingendo ad uscire dal guscio che mi ero costruita negli anni. A fine luglio sono andata con Jessica ad una rievocazione storica. Non ricordo per quale motivo fossimo senza i nostri ragazzi, fatto sta che ci siamo ritrovate lì. C'era una signora che leggeva le carte. Genericamente evito di farmele leggere, perché sono alquanto influenzabile e non volevo ritrovarmi a regolare la mia vita su un percorso “prestabilito”. È il motivo per cui evito il più possibile di leggere anche gli oroscopi. Tuttavia, quel giorno ho deciso che potevo anche smettere di farmi tante pare mentali. Dopotutto, era un gioco, no? Così mi sedetti a quel tavolino e mi presentai. Non dissi niente della mia vita. La prima cosa che mi disse la signora, leggendo le carte, fu “è morto qualcuno di recente, nella tua famiglia?”. Ricordo perfettamente che i miei occhi si sono spalancati e credo di essere impallidita prima di poter rispondere con un incertissimo “sì...”. In parole povere: secondo questa signora, mia nonna mi stava proteggendo e i miei progetti potevano andare in porto. Avevo inoltre un problema con il mio ragazzo, che tendeva a fare un pochino troppo il galletto nel pollaio. A quel punto devo attribuire il mio mancato svenimento ad un puro miracolo. Era da diversi mesi che ero in crisi con il mio ragazzo e non sapevo minimamente cosa fare. Non riuscivo neanche ad identificare il reale problema che mi affliggeva con lui, dal momento che, apparentemente, era perfetto. Insomma, mi amava e desiderava una famiglia con me. Sì, mi aveva procurato una forte delusione, ma pensavo sinceramente di avere superato la cosa. Tuttavia, con lui ero sempre irritabile, meno tempo ci passavo insieme meglio era. La signora concluse che avrei fatto un viaggio, verso ottobre, probabilmente di lavoro, che avrebbe cambiato tutta la mia visione delle cose. Beh, sinceramente, il viaggio che feci esattamente due mesi dopo non era un viaggio di lavoro. Era un week-end a Londra. Dovevo accompagnare mia zia a trovare mio cugino, che vive lì da diversi anni. Quindi, la lasciai con lui e girai per Londra per conto mio. Per la prima volta dopo mesi ero completamente sola, libera di andare in giro per i cavoli miei e girovagare senza una meta precisa. Io che, per sei anni, mi ero abituata a programmare tutto e a sentirmi in colpa se non lo facevo. Ma io non ero così, non lo sono. Mi piace programmare, ma non fino al più misero dettaglio. Ogni tanto mi piace anche fare qualcosa che esuli da schemi preimpostati. E quel giro a Londra riuscì, finalmente, a ribaltare tutte le mie prospettive. Tornai a casa e, una settimana dopo il mio rientro, lasciai il mio ragazzo. Quindi, feci un bilancio della mia vita. Avevo 28 anni, uscivo da una storia di sei anni, introdotta peraltro da una serie di avvenimenti abbastanza funesti. Era morta mia nonna. E tante mie amicizie, con la rottura con il mio ex, erano finite. Avevo davvero voglia di coltivare passioni e rapporti sociali? La risposta fu immediata e lampante: NO, neanche per sbaglio. Per quattro mesi mi chiusi in me stessa. Dovevo rimettermi in sesto. Non mi ero mai permessa di fermarmi davanti a tutte le cose negative che mi erano successe. Possiamo raccontarci tutte le frottole che vogliamo, ma non siamo dei robot. Abbiamo bisogno ogni tanto di fermarci e di soffrire, in barba a chi ci vuole sempre scattanti e felici. Quindi, per quattro mesi, mi fermai. Semplicemente. Non ero pronta a coltivare rapporti sociali, non ero pronta a coltivare la mia passione. Volevo solo starmene chiusa nella mia routine, quella routine che per anni avevo aborrito, e leccarmi le ferite. Stavo male, andavo in paranoia un giorno sì e l'altro pure, piangevo spesso. Eppure, a distanza di un anno, quel periodo lo definisco ancora come un periodo benedetto. C'ero io, e io soltanto. Per anni mi ero ignorata e ora eccomi là. A darmi finalmente il permesso di piangere. A definirmi finalmente come “Angela”, e non come “la ragazza di”, “la sorella di”, “la figlia di”. Per me questo era vitale. Prima di allora, c'erano dei momenti in cui mi guardavo allo specchio e non vedevo veramente nessuno. Non riuscivo a capire chi ero, non riuscivo a riconoscermi. Pensavo “ma veramente questa sono io? Ma chi cavolo sono?”. Questo mi angosciava terribilmente. Dopo quei quattro mesi, quegli episodi non si sono più ripetuti. Le cose hanno cominciato a cambiare. Quello che mi rimane impresso di quell'arco di tempo è la sincronia degli avvenimenti. Dovete sapere che anche Jessica aveva lasciato il suo fidanzato storico, poco prima che io lasciassi il mio. È abbastanza importante, saperlo. Perché a dicembre io e lei trovammo un evento che avrebbe portato parecchie novità nella mia vita. L'evento era una cena a tema medievale, in un ristorante in provincia di Treviso. Non avevamo mai partecipato a iniziative simili con i nostri ex, soprattutto considerando che siamo di Padova e la strada “sarebbe stata troppa” (dico già che il problema era decisamente più complesso di così, ma per rispetto alle persone coinvolte non dirò altro). Ora, però, le cose erano cambiate. Io e lei lavoravamo (lavoriamo tutt'ora), avevamo una macchina, non avevamo vincoli di nessun genere. Sembrerà assurdo, dal momento che tutti i nostri coetanei non si fanno particolari problemi a girare anche più province per trascorrere una serata, ma noi realizzammo solo in quel momento che avremmo potuto farlo. Così decidemmo di andarci. La cena era un vero e proprio banchetto in stile medievale, bisognava presentarsi in costume. Ci saremmo sedute ad una tavolata unica, quindi ci siamo ritrovate vicino ad una compagnia di perfetti sconosciuti con cui abbiamo legato. Non ricordo granché della serata, più che altro perché nel giro di un'ora mi sono ritrovata completamente ubriaca. Ricordo solo che avevo pensato, guardando quella compagnia di amici che avevo appena conosciuto, qualcosa del tipo “no, mi sembra assurdo che non li vedrò più!”. E che avevo puntato un ragazzo di quella compagnia, piuttosto carino, e che sembrava ricambiare il mio interesse. Ci siamo anche scritti, per un po', dovevamo anche vederci. Poi, ho visto il suo interesse scemare gradatamente, fino a tirarmi pacco la sera prima del nostro primo appuntamento. Devo avere battuto tutti i record delle donne scaricate. Sul momento avrei voluto stanarlo e prenderlo a cazzotti (e una parte di me lo vuole ancora), poi, però, ho realizzato che, alla fine, forse l'interesse non era poi così alto neanche da parte mia. A parte un comprensibile nervosismo per come ero stata trattata, avevo la sensazione che per me non era ancora finita. Ero più che pronta a votare la mia vita ai gatti, dal momento che di uomini ne avevo ben più che abbastanza, ma il destino, a cui ho ricominciato a credere, aveva altro in serbo, per me. E così, una decina di giorni dopo la buca che mi ero presa, sono uscita a cena con quella compagnia. È stato lì che è successa la cosa più strana di tutte. Mi sono ritrovata a flirtare un po' con un ragazzo. Beh, ha superato di un bel po' la trentina, quindi, un uomo. Andrea. Mi era simpatico, davvero, ma la volta prima l'avevo visto e avevo pensato “sì, simpatico, ma... Ussignur!” Vi spiego: è quel genere di persona che, quando lo vedi, pensi “che tipo strano!”. Questo, e il fatto che alla cena medievale aveva scherzato parecchio con Jessica, lo aveva fatto relegare nell'area “disinteresse” del mio cervello. E, onestamente, pensavo veramente che ci potesse essere qualcosa tra loro due. Considerando il mio isolamento volontario con conseguente misantropia, mi sono sorpresa a scoprire che, in realtà, anche da sobria lo trovavo simpatico. Di più, mi trovavo veramente bene a parlare con lui. Certo, rimaneva sempre nell'area del disinteresse, ma qualcosa si era risvegliato, in me. E sembrava che la cosa fosse reciproca, tant'è vero che, tornata a casa, ho capito subito che il cellulare si era illuminato perché lui mi aveva scritto. Dieci giorni dopo, vale a dire il 15 febbraio dell'anno scorso c'è stato il nostro primo appuntamento. Da allora non ci siamo più lasciati. Anzi, lo scorso dicembre siamo anche andati a convivere. E non potrei essere più felice di così, almeno sentimentalmente parlando! Già, e questo come spiega il fatto che, di punto in bianco, abbia deciso di riaprire il blog? Beh, a parte che non l'ho mai dimenticato. Era un'ossessione, e non volevo lasciar perdere e mollare il colpo. La mia passione per i misteri è rimasta. Se guardo com'è cambiata la mia vita nell'ultimo anno e mezzo, come posso dire che i misteri non esistono? Come si spiegherebbe il cambiamento radicale che ho fatto? Cosa mi ha mosso, quella sera, a uscire dal mio isolamento? Cos'è successo, che ha tolto via quel ragazzo dalla mia strada, facendomi fare una virata così improvvisa verso Andrea? Ve lo giuro, ho ancora ben presente la sensazione che avevo: era come se qualcuno avesse guidato le mie mosse. Anche quando quel ragazzo mi ha respinta, avevo la sensazione netta che quel qualcuno, vedendomi andare in paranoia per lui, abbia pensato “santi numi, questa mica ha capito che deve andare in questa direzione!”, per poi darmi uno spintone nella direzione giusta. E tutto è successo dopo un momento di enorme stanchezza, in cui avevo pensato, rivolgendomi all'Altissimo “senti, io non ne posso più. Non so che cosa faccio per metà del tempo, non ho proprio voglia di andare avanti così. Pensaci Tu, che veramente ne ho le scatole piene. Fai quel cavolo che ti pare!” Sì, lo so, ho modi poco rispettosi! Ma devo dire che come sistema ha funzionato! Quindi? Siete pronti? Il Sentiero dei Fuochi Fatui è tornato!