lunedì 2 febbraio 2015

La storia di Bepi dal Giasso

Devo dire una cosa: io odio il freddo. Davvero, non lo sopporto. Non tanto per la temperatura, quanto per la quantità di vestiti che devo indossare. Canotta, maglietta, maglione, giacca pesante... oh, cielo, che noia!

Preferisco di gran lunga l'estate, proprio per una questione di comodità.

Tuttavia, devo dire che l'anno scorso mi ero un po' preoccupata, vedendo l'inverno con temperatura media stagionale alta: 2 o 3 gradi di primo mattino, 13 o 14 nel pomeriggio, per poi arrivare a 6 o 7 gradi alla sera. Non era normale, converrete anche voi.

Perciò, quest'anno, anche se magari ci sono dei giorni un po' tiepidi, sono comunque lieta di vedere che, almeno dalle mie parti, le temperature sono ritornate ad una parvenza di normalità. Mi piace vedere la brina che cristallizza l'erba del mio giardino, anche se poi devo imprecare come un camionista per togliere lo strato di ghiaccio dal parabrezza della mia auto...

Ma non importa. Anche perché è stato grazie al freddo che ho avuto l'idea giusta per questo post.

Era da qualche giorno che mi sentivo un pochino bloccata, lo ammetto. Ho tante cose da scrivere, su questo blog, ma a volte mi impapero su una cosa tanto banale quanto essenziale: l'ispirazione.

E stamattina, complice quel periodo dell'anno noto come i giorni della merla”, ho avuto quel lampo. Perché non parlare di Bepi dal Giasso?


Introduco la sua storia parlando di un convento che si trova in un'isoletta a sud di Venezia. Questo convento si chiama San Lazzaro degli Armeni. Si tratta di un convento dove vige tuttora un rito cattolico-armeno. A dirvela tutta, non ho la più pallida idea di cosa sia un rito simile. Ho provato a cercare, e ho trovato qualche notizia qui, se vi interessa. Wikipedia è praticamente la mia migliore amica!

Ad ogni modo, perché parlarvi di un convento?

Perché è qui che si ambienta la storia di Bepi dal Giasso. Si trattava di un giovane georgiano di nome Josif, scappato dalla Russia zarista nel 1907. Non doveva avere vita facile, in effetti. Basti pensare che dieci anni dopo una rivoluzione avrebbe definitivamente rovesciato il potere degli zar.Per arrivare a tanto, il popolo doveva passarsela veramente male!

Nel frattempo, però, chi poteva, scappava. Così ha fatto Josif, il quale, a ventotto anni circa, cercò rifugio nel nostro paese. Era un uomo piuttosto timido, Josif, ma molto volenteroso. Trovò rifugio nel convento di cui vi parlavo, dove si mise a lavoro. E che lavoro faceva? Beh, il campanaro!

Per un periodo suonò le campane del convento, e si integrò, per quanto possibile fosse integrarsi a quell'epoca, nella comunità, dove venne soprannominato, appunto, “Bepi dal Giasso”, ossia “Giuseppe dal ghiaccio”, vista la sua provenienza da una zona inospitale come la Russia.

Ovviamente, col passare del tempo, arrivarono anche i problemi. Bepi cominciò a scontrarsi con il priore del convento, il quale, giustamente, pretendeva che le campane venissero suonate secondo i riti cattolici. Peccato che Bepi era sì timido e volenteroso, ma anche molto testardo. Lui era russo, e si ostinava a suonare le campane secondo i riti ortodossi.

Stanco di discutere, l'abate lo mise con le spalle al muro. Se Josif voleva restare al convento, doveva assolutamente convertirsi al cattolicesimo e prendere l'abito talare. Altrimenti, quella è la porta, grazie e arrivederci.

Bepi non ci pensò due volte: prese la porta e se ne andò. Tornò in Russia, prese parte alla rivoluzione, e cambiò per sempre la storia del suo Paese. Infatti, Bepi dal Giasso non era altri che....... rullo di tamburi......... Josif Stalin!

Chissà, forse era il caso che il priore lo chiudesse dentro al campanile, come Quasimodo in NotreDame de Paris, e buttasse via la chiave!


Che ne dite?

PS: Quasi me lo dimenticavo! Oggi festeggiamo il nostro primo mese online!

Un grazie sincero a chi si è fermato a leggere questo piccolo blog! Speriamo che diventiate sempre più numerosi!

Grazie ancora!


Buonanotte!


Angela

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