martedì 3 marzo 2015

Laguna da... brivido!!!

C'è una zona della laguna di Venezia chiamata “Fondo dei sette morti”.



A dirvela tutta, comincio a preoccuparmi di me stessa, gran parte di quello che vi ho scritto parla di morte, alla faccia dell'ottimismo!


Ok, andiamo avanti. Dicevo, il “fondo dei sette morti”. Si tratta di una zona di pesca dove è ambientata una leggenda a dir poco macabra.


Tutto ebbe inizio una sera di tanti anni fa. C'era una barca governata da sette pescatori che, giustamente, pescavano. Erano persone indurite dal passare degli anni e dalla vita che conducevano, lontani dalle famiglie per la maggior parte dell'anno. Quel giorno in particolare avevano avuto una giornataccia: erano intirizziti dal freddo, non avevano pescato assolutamente nulla e per di più si stava avvicinando una tempesta. All'improvviso uno di loro chiamò gli altri a gran voce. Aveva buttato una rete in mare e sembrava che stesse raccogliendo finalmente qualcosa. Qualcosa di molto pesante. I suoi sei compagni si fiondarono su di lui, afferrarono la rete e tirarono con quanta più forza poterono. Una volta riusciti a issare la rete sulla barca, scoprirono che il loro bottino altro non era che... il cadavere di un uomo, probabilmente annegato.

Era costume, all'epoca, dare degna sepoltura alle persone. Si diceva che un uomo non sepolto sarebbe stato condannato a vagare per l'eternità. Nelle zone di mare non sono rare, infatti, le leggende di fantasmi che implorano i loro cari di trovare il loro corpo e celebrare il funerale. Quindi, senza farsi troppi problemi, i sette pescatori adagiarono il cadavere in un angolo della barca e continuarono a lavorare.

Ormai, però, la tempesta era arrivata. Cominciò a infuriare su di loro, minacciando di ribaltare lo scafo più e più volte. Si salvarono grazie alla loro esperienza. Mentre il temporale dava loro un attimo di respiro, videro una valle di pesca, con quello che i veneziani chiamano casòn. Ora, essendo nata in Veneto, parlo il dialetto in modo abbastanza fluente, quindi, come suonerà comunque ovvio anche a chi non è di queste parti, vi dirò che casòn vuol dire, più o meno, casa. Era il genere di case rurali dove vivevano i nostri nonni e bisnonni, per farvi capire. Ma non so la funzione precisa di un casòn in mezzo alla laguna. Non so se fosse semplicemente un'abitazione, o avesse comunque delle particolari funzioni.

Ad ogni modo, lasciarono la barca al molo ed entrarono nella catapecchia.

Dentro non trovarono nessuno, a parte un bambino. Questo bambino, non avrà avuto più di sette o otto anni, era un povero orfanello, abbandonato lì dai suoi padroni, presso i quali faceva il servo.

Il poverino era mezzo morto di freddo e di paura, in più aveva una gran fame.

I pescatori non fecero caso a lui. Accesero un fuoco e cominciarono a prepararsi della polenta.

Il bimbo fece per avvicinarsi, per scaldarsi un pochino e, perché no, magari chiedere anche un pochino da mangiare. Venne allontanato in malo modo.

Il piccolo si rannicchiò in un angolino, piangendo e tentando in qualche modo di riscaldarsi.

Sentendo il profumo della polenta, dopo un po' non ce la fece più. Si alzò e fece un altro tentativo. Ancora una volta, venne cacciato.

Al terzo tentativo, uno dei pescatori gli disse “Vuoi mangiare? Allora renditi utile! Sulla barca ormeggiata qui fuori, c'è un nostro compagno che dorme. Sveglialo e conducilo qui, se proprio vuoi mangiare!”.

Il bambino si alzò tutto speranzoso, mentre i pescatori scoppiavano a ridere. Arrivò alla barca di corsa, individuò il “compagno” dei pescatori e cominciò a scuoterlo per svegliarlo. Ovviamente, ogni tentativo fu inutile. Così tornò al casòn. “Il vostro compagno non si sveglia. Ho fatto di tutto per svegliarlo, ma deve essere molto stanco. Per favore, datemi da mangiare!”.

L'uomo che lo aveva mandato alla barca rispose che gli avrebbe dato da mangiare solo ed esclusivamente se avesse svegliato il loro compagno e lo avesse portato lì. Il bambino tornò alla barca e ricominciò a scuotere il cadavere. “Per piacere, signore, svegliatevi e venite con me!” implorò, singhiozzando “Se non lo fate, i vostri amici non mi daranno da mangiare! Per favore, svegliatevi!”.

A quel punto, il cadavere si rianimò e gli disse “non preoccuparti, bambino. Verrò con te.”

Dopodiché, si alzò e lo seguì nel casòn, dove i sette pescatori stavano ancora sghignazzando per quella burla crudele.

Ecco, signori, il vostro compagno è sveglio! È qui con me!”

I pescatori scoppiarono a ridere ancora più fragorosamente, ma la risata morì nella loro gola non appena videro il cadavere che li guardava con terribile ira negli occhi.

Avevano osato deridere un bambino innocente, senza farsi nessuno scrupolo a lasciarlo morire di fame. I pescatori implorarono pietà, ma era troppo tardi. Il cadavere puntò il dito contro di loro. Uno per uno, caddero a terra, morti stecchiti.


Ovviamente, trattandosi di una leggenda, ne esistono diverse versioni. Una di queste racconta che i pescatori erano sei. E il bambino era in compagnia del suo cane. E quando il cadavere li indicò per farli morire, diede ai pescatori il nome di sei dei sette vizi. Poi, indicò sé stesso con il nome di Ira, prima di tornare nel mondo dei morti. Il bambino venne identificato con l'innocenza e il cane con la fedeltà.


E poi diciamo che le nostre tradizioni sono noiose!


Quello che mi chiedo è: ma ad Halloween, che cosa vi racconterò?

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