martedì 17 marzo 2015

Superstizioni marinaresche

In questi giorni mi sto guardando intorno per farmi un tatuaggio. Uno piuttosto piccolo, alquanto semplice. Ma sono un tipo particolare. Quando voglio una cosa, cerco informazioni a riguardo su Internet fino a sfinirmi.

Quindi, girando tra i vari siti, ho scoperto una superstizione legata ai tatuaggi alquanto pittoresca: pare che farsi un numero pari di tatuaggi porti sfortuna. Se ti limiti a uno, bene, se ne fai due, non va bene, tre ok, quattro, ahia!, e così via.

Come ho già detto, sono un po' superstiziosa. Ma sono anche curiosa, e questa curiosità mi ha spinto a cercare ulteriori informazioni. Anche perché non mi dispiacerebbe farmene due! Tre, a meno che non siano molto piccoli, comincerebbero a essere troppi!

Ho scoperto l'origine della superstizione. Pare che sia legata, come avete potuto capire dal titolo, ai marinai. Girando il mondo, alcuni di loro hanno cominciato a farsi tatuare il corpo ogni volta che facevano porto. Quindi, un tatuaggio lo facevano nella loro città d'origine, un altro lo facevano a destinazione. Una volta volta tornati a casa, se ne facevano un terzo. Il secondo tatuaggio assumeva quindi un significato profondo e terribile: si era lontani da casa e dagli affetti. Se non ci si faceva il terzo, era perché probabilmente non si sarebbe mai più tornati a casa.

Ovviamente sono tutte superstizioni ridicole, ma c'è chi approfitta di questa scusa per farsi un tatuaggio in più...


Una volta letta questa leggenda, mi sono accorta che il mare, con la sua impetuosità e vastità, ha dato da mangiare, e lo fa tutt'ora, a tantissime persone. Non sono un'ambientalista sfegatata, anzi, ma, considerando le schifezze che ci buttiamo dentro ogni giorno, mi viene spontaneo pensare ironicamente “bella gratitudine!”...

Ad ogni modo, giusto l'altra sera leggevo un libro in cui si parla di leggende veneziane (Leggende della Laguna e racconti di streghe, di Alberto Toso Fei. È da lui che ho tratto ispirazione per il blog. Se volete prendere il libro, andate alla Feltrinelli. Qui in Veneto l'ho trovato soltanto lì, anche in internet è difficile da reperire.). E lì sono incappata in una superstizione marinaresca che mi ha incuriosita.

Dovete sapere che, molti anni fa, c'era un grande rispetto per i morti. Quando una persona moriva, andava seppellita in terreno consacrato, con un rito funebre atto a facilitare il defunto al suo arrivo nell'aldilà. La condanna peggiore per un uomo era non venire sepolto, o venire comunque tumulato in un terreno sconsacrato. La sua anima sarebbe stata condannata al limbo o, nel peggiore dei casi, alle fiamme dell'Inferno. Non a caso, i suicidi e i non battezzati non venivano mai sepolti nei cimiteri. Era una condanna durissima, poco importava se la ragione del tuo non battesimo era semplicemente perché eri morto subito dopo il parto e non avevano fatto a tempo a battezzarti (anzi, mi sa che in questo caso, la sepoltura avveniva in terreno consacrato. Ma niente salvezza eterna). Per quanto riguarda il suicidio, beh, non esisteva la psicoterapia, quindi c'è poco da dire. Non si faceva e basta. Dio ti aveva dato la vita, e tu avevi deciso di rifiutarla. E non si rifiuta un dono di Dio. Il suicidio, poi, così come l'omicidio, è particolarmente rognoso, per un cristiano. Mentre per gli altri peccati si può sempre chiedere (ed eventualmente ottenere) il perdono, il suicidio e l'omicidio sono senza rimedio. Nel caso del suicidio, non sei più fisicamente in grado di chiedere perdono, quindi, ciò che non chiedi, non ottieni. Per l'omicidio, puoi anche ottenere il perdono dei cari della vittima, ma chi ha subito il tuo peccato non potrà mai dire “ti perdono”.

Ma sto divagando. E sto anche rendendo questo post estremamente cupo, adesso che lo sto rileggendo.

Ma tant'è...



Ad ogni modo, cosa c'entra tutto questo con il mare? Leggete un po'!

C'è una leggenda, ambientata a Venezia (tanto per cambiare), che mette in guardia dal mancare di rispetto ai morti. La leggenda parla del capitano di un peschereccio. Anche lui, come i pescatori di questo post, era un uomo indurito dalla vita che faceva. Lontano anche lui dalla famiglia per gran parte dell'anno, ormai il suo cuore era diventato praticamente una roccia. Un bel giorno, i suoi uomini, tra le altre cose, pescarono il cadavere di un uomo annegato. Pensarono subito che era il caso di caricarlo sulla barca per dargli una sepoltura una volta sbarcati, ma il capitano fece pressione perché il morto venisse lasciato al suo destino. Avevano subito un forte rallentamento a causa di un'ondata di maltempo, raccogliere il corpo significava perderne ancora più e arrivare a concludere i suoi affari in ritardo. O non concluderli affatto.

Così tirarono dritto. Non ebbero neanche un problema, durante quella navigata. Riuscirono a tornare a casa dalle loro mogli, ma, trascorsi alcuni giorni, i pescatori dovettero ripartire. Fu allora che cominciarono i guai. Una tempesta si abbattè su di loro, furibonda. I poveri pescatori fecero del loro meglio per governare le barche. Alla fine, allo stremo, realizzarono che quella era la loro punizione per aver abbandonato il cadavere in mare, senza dargli sepoltura. Così l'equipaggio si ammutinò contro il capitano, abbandonando la nave e raggiungendo la riva a nuoto. Capendo che la disgrazia era solo colpa sua, l'uomo, probabilmente terrorizzato e, spero per lui, anche pentito, riuscì comunque a fare porto. Ebbe salva la vita, ma l'annegato non aveva esaurito la sua sete di vendetta. Il capitano decise di non tornare mai più in mare, ma la sua reputazione andò comunque distrutta. Le sue barche non furono mai acquistate, in quanto avevano la fama di essere maledette, e il pover'uomo morì in miseria, abbandonato da tutti.


Insomma, mai scherzare con i morti! Non si sa mai a che cosa si va incontro!

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